Spesso si pensa che, solo una donna bella, abbia la ricetta per stare bene con se stessa. Fortunatamente non è così, in quanto l’autostima, non è una “condicio sine qua non” della bellezza.
C’è anche da dire che L’autostima oggi è difficile da coltivare, perché la società non favorisce lo sviluppo di essa, bensì fomenta tanti (discutibili) motivi per non sentirsi mai adeguati. Ma, l’autostima è come un muscolo: si può allenare. La vita è una partita sempre aperta. Possiamo ridefinire sani atteggiamenti verso noi stessi semplicemente allenandoci, pian piano,per la nostra autostima.
So che sembra difficile nutrirsi di amor proprio soprattutto per chi vive una disabilità e si può ricadere nell’errore di non sentirsi belli, amati e desiderati.
Così facendo però non facciamo altro che alimentare l’idea che, la parola “disabile” rientri necessariamente nell’essere “brutti” e “tristi” e di conseguenza porta a chiuderci in noi stessi, trasmettendo agli altri un’idea sbagliata. Si può essere belli e sicuri di se, anche se si vive con una disabilità.
Ma, per assumere piena consapevolezza di ciò, ci vuole tempo e soprattutto buona volontà. Anche io, qualche anno fa, mi sentivo inadeguata. Vedevo le mie coetanee con le minigonne e i tacchi e mi chiedevo perché mai un ragazzo avrebbe dovuto preferire me ad una “miss gambe lunghe”. Una risposta non mi è mai stata data, me la sono costruita. E con vari passaggi, poco alla volta, sono riuscita a raggiungere un equilibrio interiore. Sto bene con me stessa e mi sento bella. Da quando mi amo, da quando mi valorizzo, da quando mi prendo cura del mio aspetto, noto che qualcosa è cambiato, non solo tra me e me, ma anche con il rapporto con gli altri e soprattutto con gli uomini.
Prima di tutto via vittimismo, pietismo e lamentele. Ma ciò vale anche per le ragazze “camminanti”. Se uscite ad un primo appuntamento con un ragazzo che vi piace, non è che appena salite in macchina iniziate ad elencargli tutte le vostre disgrazie, né tantomeno i problemi di una vita. No, ci armiamo semplicemente del sorriso più bello che abbiamo, ed iniziamo ad ascoltare quello che ha da dirci. Lui si stupirà di aver incontrato una donna capace di ascoltare e, addirittura, interessata a quello che aveva da dire! Ed il gioco è fatto! ( o quasi !)
Dobbiamo prenderci cura della nostra psiche e del nostro aspetto fisico, ma non parlo di seno rifatto o di una taglia in meno. Non si tratta di miracoli, si tratta di coccole da fare a noi stessi. Parliamoci chiaro, io sono 1 metro e 50… Non è che senza la mia statura così “esagerata” io non mi senti all’altezza, anzi tutt’altro. Ho imparato ad estrapolare tanti altri miei pregi. Ognuno di noi ha i suoi punti forti, tiriamoli fuori con grinta e tenacia!
Lo so, non è facile relazionarsi con il prossimo,Soprattutto se dell’altro sesso e se proviamo un certo interesse. Vi do qualche piccolo spunto per allenare la vostra autostima. Innanzitutto, vi ricordo che è fondamentale rispondere, ad ogni complimento, con un bel “GRAZIE!” (con tono deciso). Assolutamente vietato aggiungere frasi del tipo “noooo, non è vero!” “Lo pensi Davvero? Nessuno me l’ha mai detto!”
Prima regola: SICUREZZA ragazze! ( e anche ragazzi!)
Imparate ad essere più buone con voi stesse! Ad un primo appuntamento, ad esempio, non siate timide. ( almeno provateci!) guardatelo intensamente, sorridete, sorseggiate con eleganza, toccatevi i capelli in mondo sensuale e cercate di sfiorargli, con tocco leggero, un braccio (in maniera del tutto casuale!)
Lo so che più del primo appuntamento in se, fa paura un eventuale rifiuto dopo, e magari iniziamo ad inventare film sul suo rifiuto a causa della nostra disabilita. Toglietevelo dalla testa! Anche se lui non dovesse richiamare, state certe che non è colpa della sedia a rotelle. No. Altrimenti, se fosse stato spaventato dalla nostra disabilità, non ci avrebbe mai invitato, a prescindere. Capita a tutte un rifiuto. Ma tutte tutte. La stessa Angiolina Jolie è stata tradita dal marito. Cioè, non so se mi spiego. Ma spetta a noi giocarcela bene. Non piangiamoci addosso, non chiediamogli di preparare già i confetti ed un eventuale nome di vostro figlio e, soprattutto, non chiediamogli se la nostra disabilità possa essere un limite. NO, non lo è. Quindi, mentre sorseggiare un drink, tra una risata ed uno sguardo, cercate solamente di divertirvi. È un primo appuntamento, non il giudizio universale. Vi svelo un segreto, quando ancora non ero così sicura di me, tendevo a nascondere la mia disabilità. Su Facebook, in macchina, seduta. Mi facevo sempre vedere a metà. Ma, di conseguenza, non accettavo mai nessun invito per paura di essere “scoperta” e rifiutata. Ecco, sbagliavo. Certo, la mia disabilità non è da sbandierare ai quattro venti appena un ragazzo mi si presenta davanti, ma fa parte di me e, tra un sorriso ed un altro, va detta. Prima, da ragazza più discotecari, conquistavo un sacco seduta ad un divanetto del locale. Tanti si avvicinavo, ognuno con il suo modo di fare, ma alla fatidica domanda: “perché non ti alzi e vieni a ballare con me in pista?” Me ne uscivo sempre con un “sono stanca sai, ho ballato fino adesso e mi fanno male i tacchi così alti “( anche se magari la serata era appena iniziata !!!) amavo sentirmi bella, bella senza la disabilità. Mi nascondevo dietro ad un dito, dietro ad una “me” che, in realtà, non esiste. Nascondevo la mia sedia a rotelle, le mie gambe. Ora no.
Ora, se dovessero rifarmi quella domanda risponderei, in tono ironico:
“sono disabile e, purtroppo,non mi chiamo Lazzaro!”
Oggi come oggi, non giudico il mio modo un po’ infantile di prima, perché ognuno di noi tende a nascondere le proprie debolezze, ma, più che altro, apprezzo la piena consapevolezza della mia femminilità, che ho acquisito con gli anni. Quindi, se avete rifiutato un invito per paura di non potergli piacere o se non avete mai inviato un messaggio ad un ragazzo che vi piace, non avete letto questo articolo inutilmente. È arrivato assolutamente il momento di farvi avanti!
Non lasciate spazio al disprezzo, alle insicurezze e ai rimproveri … Siate amorevoli e sicuri di voi stessi! Provare per credere.
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