Sono convinta che nulla accada per caso. Forse in questo momento della mia vita, dopo tanto cammino doloroso durante la psicoterapia per l’accettazione del mio corpo, o comunque dello stato delle cose, che non si possono cambiare ma NON per questo sono di per sè un limite, anzi lo diventano quando uno le vive come un limite, ci voleva qualcosa o qualcuno, di esterno, e di estraneo che mi dicesse quanto e cosa posso fare. Quando qualche settimana fa, mi fu proposto di fare un provino… per un progetto, ora in fase embrionale, che avrebbe parlato di Sessualità/Disabilità, attraverso una mostra fotografica, accettai, così… tanto per…
Premesso che, per tutte le cose, il mio motto è: “nel bene e nel male, purché se ne parli” e che è un grosso passo in avanti per la nostra società provare ad affrontare un argomento così spigoloso, credo che purtroppo, come al solito, il problema stia a monte. Ora vengo e mi spiego: al giorno d’oggi l’umanità vive un cattivo rapporto con la sessualità, si dà sempre meno importanza ai sentimenti e i corpi sono venduti come carne da macello! Le donne non sono sufficientemente rispettate dagli uomini, o peggio ancora molte donne non si fanno rispettare perché scendono a compromessi così assurdi, iniqui, dal portare il pensiero generale del popolo maschile a giudizi lapidari denigranti. A fare purtroppo di tutta un’erba, un fascio.
Penso che un palazzo non si possa costruire partendo dal tetto (come spesso si fa in Italia, perciò poi crolla tutto!) ma che vadano fatte prima le fondamenta, forti e resistenti e poi tutto il resto.
Con questo cosa voglio dire:
- In Italia, la popolazione tutta, dovrebbe fare psicoterapia per imparare a gestire la propria sessualità ancora molto bigotta, retrograda, legata a quei pensieri ipocriti dove davanti si dice: “È peccato, è una cosa sporca, che schifo!” (Sono quelle che fanno le sante del tipo “non lo fo’ per piacer mio ma per dare un figlio a Dio”) e poi da dietro ti ritrovi uomini depravati, insoddisfatti, repressi…donne assatanate, senza schemi e senza scrupoli.
- In Italia, soprattutto al sud, la sessualità in generale è ancora un tabù, le tecniche di autoerotismo sono una cosa extra terrestre, se per gli uomini si dice: “Si diventa ciechi”, per le donne si esclama: “Ma perché esiste?!? Tu lo fai?!?”…ecco qui bisognerebbe insegnare a sentire il proprio corpo, scoprirlo e leggerlo, impartire lezioni di propriocezione…
- Bisognerebbe legiferare seriamente su un argomento parallelo, i sex worker: con questo non intendo riaprire le case chiuse ma regolamentare e disciplinare “figure professionali” che adesso nascondiamo tra la polvere, sotto il tappeto! Come siamo fatti bene noi in Italia, nascondiamo la spazzatura sotto terra, i trans negli appartamenti, le prostitute minorenni nelle ville, e poi diciamo: “Zitti, zitti, non si fa, non si dice…”
Se non si pongono prima queste basi, secondo me, ogni discorso è superfluo! Sessualità e Disabilità! Quanta paura fa! Ancora oggi nel profondo sud, è difficile accettare la nascita di un bambino disabile, di qualsiasi disabilità! Figuriamoci poi, una volta divenuti adulti, la loro sessualità! Le famiglie negano, nascondono, fanno finta di non vedere… Le disabilità sono così varie, occorrerebbe una legge ad personam nel senso più letterale del termine! Per questo credo che il Comitato “Lovegiver” capitanato da Max Ulivieri sia un buon punto di partenza, pionieri ed eretici nel nostro paese, …sono un’eretica anch’io, mi sento una donna completa e dunque quasi per gioco, partecipai al provino… portai con me della lingerie sexy e abitini eleganti e mi lasciai preparare dalla truccatrice, mentre la fotografa sistemava le luci. Indossai la linea firmata da Naomi Campbell che sponsorizza un’importante marchio internazionale, e che ci crediate o no, per qualche istante mi sentii una vera topmodel, una pantera… lì, al centro dell’attenzione, trattata come una star. La fotografa TERESA CAPASSO e la truccatrice ANTONELLA SENA, entrambe napoletane, “Mastre d’opera fina” come si suol dire, hanno immortalato una mimica facciale, un’espressività che non credevo di possedere, dove le emozioni si leggono sul volto! Ogni foto richiama una di esse, c’è la gioia, il dubbio, la tristezza, la spensieratezza, la sensualità, l’aggressività, ecc.
Alla fine… il provino non l’ho superato, il Direttore Artistico mi ha risposto, con testuali parole: “Sei troppo poco disabile per il nostro progetto!” …Beh allora, mi sono detta, ho vinto già solo per questo… Il fatto di non “mostrare” la mia disabilità, che essa si veda poco, o che non si veda affatto, beh mi rende felice, paradossalmente dalle foto si evince la “non-disabilità”, vedi alle volte il potere che sta nel volere che qualcosa accada… La motivazione, semplice: io non sono le mie deformità, esse mi appartengono e fanno parte di un tutto; io sono corpo, anima e cervello, soprattutto quello …la mia mente, nel corso del tempo, ha preso coscienza del sè, ha imparato a riconoscere le emozioni, a chiamarle con il giusto nome, a contenerle. Le cicatrici del mio corpo non le mostro, perchè sono solo mie, ed io adesso, grazie al percorso di presa di coscienza della mia persona, non le vedo più le cicatrici, …non è una negazione, è semplicemente l’accettazione di ciò che non si può cambiare e dunque non è più importante, poichè è di serie, scontato!
Dunque perché evidenziarle? Sottolinearle? Strumentalizzarle??? Parliamoci chiaro, non vado certo fiera della mia disabilità, non ne faccio un uso improprio, ma “voglio bene” alle mie stampelle che mi permettono di camminare, come “voglio bene” ai miei occhiali che mi consentono di vederci meglio, però fanno parte di un tutto, le stampelle, come gli occhiali, sono un accessorio. A volte infatti, considero le mie stampelle un oggetto complementare: le abbellisco, le copro di brillantini, ho perfino fatto cucire a mano un rivestimento in tessuto, di diversi colori, da abbinare ai vari abiti, come ci abbineresti delle scarpe, o una borsa. Quando mi sogno, mi sogno così come mi hanno fotografato, non sogno mai che goffamente e con stanchezza trascino il mio corpo per la città, mi sogno libera…
Viviamo in una società dove, a volte sono soprattutto i cosiddetti normodotati a non accettarsi, ricorrono alla chirurgia estetica diventando mostri gonfi e tutti uguali; io, che ancora non mi accetto del tutto, io che continuo il percorso in salita della psicoterapia come presa di coscienza della vita, io che sono in eterna competizione con gli altri, soprattutto con le altre donne, io che in genere nelle foto di gruppo non ci sono mai, e che vivo in disparte, ho trovato il coraggio di mettermi in mostra, di mettermi in gioco… Che cosa ci ho guadagnato?!? Un pizzico di autostima in più… un po’ più di sicurezza! Anch’io sono bella, così come sono!!!
ANNA FERRARA
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